L’intervista di Danilo Di Luca rilasciata in esclusiva a Le Iene e andata in onda quando squadre e corridori sono in ritiro al caldo per preparare al meglio la stagione, non è la goccia che fa traboccare il vaso. A dirla tutto, il vaso è già traboccato da anni. Ma le parole stavolta sono affilate. Arrivano non da qualche tecnico incaricato di eseguire analisi e controanalisi, ma da uno dei miti del pedale italiano.
Di Luca parla di doping generalizzato, di una pratica che abbraccia ormai tutto il ciclismo, avanza persino l’ipotesi di liberalizzare le sostanze proibite per avere uno sport più “vero”. E chiude ammettendo come sia impossibile arrivare fra i primi dieci al Giro d’Italia senza qualche aiutino. Come dire: chi va forte è fuorilegge, tutti gli altri o sono onesti o sono scarsi. Di Luca ci va giù pesante, lui che non ha ormai più nulla da perdere: il Tribunale nazionale antidoping lo ha escluso per sempre dal ciclismo professionistico, mettendolo ai margini dopo averlo trovato recidivo a sostanze proibite.
Alla sua intervista, hanno risposto in tanti: indignazione, insulti, persino parolacce via social network. Ma la questione resta un’altra: Di Luca ha generalizzato cercando di rendere la sua colpa un male minore, o ha tentato di scoperchiare definitivamente una padella in cui bolle sempre qualcosa di losco? Un dubbio che fatica ad essere chiarito. Ma il ciclismo, italiano e non, negli ultimi anni è sembrato più vicino alla tesi di Di Luca che neanche a quella dell’innocenza di molti e della colpa di pochi. I controlli sono aumentati, i casi di furbetti pure.
E, soprattutto, a finire nel tritacarne delle sostanze proibite è stato chi ha vinto. Un nome su tutti: Lance Armstrong. Dopo aver fatto incetta di Tour de France, si è scoperto che la sua forza era tutta una bufala. Uno shock che ha scosso il ciclismo transalpino. E cosa dire di Jan Ullrich, il suo grande avversario, che pure ha ammesso di essere ricorso agli aiutini per diventare più forte e provare a tenere il passo del texano?
Un’intera squadra, la Festina, venne cacciata dal Tour dopo i sospetti divenuti certezza di un doping architettato che coinvolgeva l’intera squadra, il Giro d’Italia venne squarciato alla notizia del doping di Marco Pantani, la cui fine tragica ha lasciato dubbi sulla sua innocenza.
Ma l’elenco è lungo, forse troppo, per pensare che Di Luca abbia solo voluto qualche giorno di gloria. Fra i tanti, col doping centrano Ivan Basso, Gabriele Bosisio, Oscar Camenzind, Francesco Casagrande, Fabiano Fontanelli, Dario Frigo, Stefano Garzelli, Roberto Heras.
E, ancora, Floyd Landis, David Millar, Franco Pellizzotti, Alessandro Petacchi, Leonardo Piepoli, Davide Rebellin, Riccardo Riccò, Michele Scarponi, Emanuele Sella, Alejandro Valverde, Richard Virenque e Alex Zulle. Senza contare che su Alberto Contador restano perplessità. Una scia di nomi che alimenta un pensiero: davvero quella di Di Luca è solo un’intervista per vanagloria?
Cosa ne pensi?