Questione fuga di cervelli. Mollare tutto e andare all'estero non dev'essere sicuramente facile, soprattutto se si parte alla ricerca di un lavoro. Se il lavoro lo si ha già perchè si conosce qualcuno allora il discorso è diverso. Chi rimane qui, dandosi da fare con lavoretti mentre continua a cercare il lavoro per il quale ha studiato ha tutto il nostro rispetto. Chi invece rimane qui, a casa di mamma e papà, e cerca il lavoro un'oretta dopo la colazione fatta alle 11 del mattino, giusto per passare il tempo in attesa che la mammina prepari il pranzo, meriterebbe bastonate sulla schiena. Come facevano una volta con i muli per farli camminare. Tutto questo per dire che andare o rimanere può essere una scelta di coraggio o codardia, a seconda della situazione.
Ci sono lavori che in Italia sono semplicemente impossibili. La ricerca universitaria ad alto livello è uno di questi, ad esempio, ma non tutti possono nascere con la mente da scienziati. E comunque se si vuole lavorare a certi livelli è ben difficile trovare lavoro sotto casa (di LHC, per dire, ce n'è uno in tutto il mondo: non è che a Ginevra ci siano solo fisici svizzeri e italiani emigrati e in USA ne abbiano uno tutto loro, eh). Ma pensiamo a mille altre tipologie di lavoro che in Italia sono affette da clientelismi o sottopagate mentre all'estero sono professionalità riconosciute. Tanto lavoro nell'ambito del design ricade sotto questa categoria, per dire.
Il segreto è sempre lo stesso: trovare un lavoro che piaccia e cercare in ogni modo di svolgere quello, indipendentemente da dove lo si svolga. La "fuga dei cervelli" è in atto da molti anni, non è un fenomeno attuale. In questo momento però per un neolaureato lanciarsi in un'avventura all'estero è una scelta che a parer nostro può essere dettata solo che dal buon senso. Il sistema economico italiano è al collasso e definirlo catastrofico è riduttivo. Nel 201 hanno chiuso i battenti, tra le piccole e medie imprese, in oltre 10000. Alla fine dell'anno in corso saranno il doppio, ad essere ottimisti. E' un dato di fatto. Continuerà ad andare peggio. C'è poco da fare. Il baratro è lì, ad un passo.
E come abbiamo già detto altre volte, l'unica alternativa che può portare ad un reale cambiamento è il default. Ad una povertà nel medio lungo preferiamo una povertà certa nel breve ma con una sovranità riconquistata da parte del popolo. Quindi, paradossalmente, ben venga il default se ciò significa poi avere la possibilità di ricostruire dalle fondamenta un paese che ormai è completamente logorato in ogni suo pilastro portante.
Giovanna
Gerardo